La nostra redazione si è voluta interessare ad un giovane talento del design nautico. Si chiama Marino Alfani, laureato in architettura al Politecnico di Milano, con un master in yacht design e un’esperienza diretta allo studio design Riva.
Oggi Marino Alfani ha creato il suo studio di progettazione, che si occupa di design nautico e interior design.
La sua passione per il mare lo ha spinto a progettare imbarcazioni a basso impatto ambientale.
Abbiamo voluto conoscerlo meglio, ponendogli alcune domande.
Da dove nasce la tua voglia di disegnare imbarcazioni?
Un giornalista una volta scrivendo di me ha fatto al seguente citazione: “In nome omen…il destino nel nome”. Penso che questo richiamo letterario descriva al meglio la risposta alla domanda; comunque più precisamente fin da piccolo…ho passato le mie estati in barca con i miei è sono sempre stato affascinato dalle barche…poi crescendo questa passione per le barche si è tradotta prima nel modellismo di imbarcazioni storiche (passione che tutt’ora porto avanti con mio padre) e successivamente con la progettazione vera e propria. Penso di essere uno dei pochi fortunati che fa il lavoro che ha sempre sognato di fare…
Siamo stati colpiti dalla tua hospital boat, la nave ospedale. Vuoi parlarcene?
E’ un progetto del quale sono molto orgoglioso, forse ad oggi il più importante che ho sviluppato…Onestamente l’idea è nata chiacchierando con un mio carissimo amico, praticamente un fratello, Taddeo Baino, laureando in medicina, che dopo un’esperienza di qualche mese come volontario in Africa mi fece la seguente domanda: “ma cosa ne pensi di una barca ospedale?” Io risposi che secondo me era una cosa già esistente, mi sembrava ovvio, ma con gran stupore dopo una veloce ricerca abbiamo scoperto che in verità dal secondo dopoguerra ad oggi nessun cantiere nè studio di progettazione nè ente umanitario ha mai sviluppato un progetto simile…basta, da li è nato tutto…l’idea dell’ H come forma, evocativa e funzionale, le dimensioni, le strutture da inserirci, ecc. praticamente si è disegnata da sola.
Il tuo orientamento al design etico proseguirà con altri progetti?
Assolutamente si e per tre motivi: il primo è la voglia di fare qualcosa di importante che non sia solo un lusso per pochi; il secondo è perché in un periodo storico economico come questo (e in particolare per il settore nautico) avere una strada alternativa da percorrere e in cui investire energie può e deve essere una valida alternativa; il terzo è semplicemente perché ti fa stare bene. Ad esempio con la barca ospedale io so che ogni giorno si possono curare circa 60 persone.
Comunque tornando alla domanda ho già “in cantiere” un progetto interessante del quale però non posso ancora anticiparvi nulla se non il fatto che sarà un progetto che ha come tema il rapporto tra barche-mare-bambini.
Oltre alla yacht design sappiamo che ti occupi di interior design. In cosa si distingue il tuo approccio?
Cerco sempre una grande sinergia con i miei clienti, penso che la fiducia in questo lavoro sia importante e allo stesso tempo cerco sempre di fare cose “cucite su misura” un po’ come una sartoria che lavora sempre su singoli modelli sempre diversi tra loro.
Il materiale che meglio esprime il tuo carattere?
Sicuramente il legno: vivo, pieno di sfumature, eclettico, cambia nel tempo, naturale ed ecologico…
Da giovane designer, se potessi intervenire per sviluppare questo settore cosa faresti?
Per quanto riguarda il settore del disegno industriale in generale penso che ci siano già diverse realtà sia didattiche, università, istituti, ecc., sia professionali, che fanno già molto, non a caso l’Italia ha ancora una posizione di leadership nel settore. Il problema è se si guarda nello specifico lo yacht design: in questo ambito infatti sono tante le cose che si dovrebbero fare. Prima di tutto dare molto più spazio ai giovani, sicuramente meno esperti ma più talentuosi degli ormai inflazionati e datati designer che da decenni lavorano in questo settore. In secondo luogo come in tutti i settori fare più ricerca; terzo fare un passo indietro e tornare a far barche e non oggetti futuristici difficilmente riconoscibili come barche e belli da vedere la prima la volta, carini la seconda e mostruosi la terza; e per ultimo importantissimo tornare a dei concetti di qualità intrinseca oltre che percepita, ovvero dare un prodotto non solo bello da vedere ma praticamente perfetto in ogni suo elemento, e questo grazie soprattutto agli artigiani, figure professionali che da sempre sono il vanto del nostro paese e sinonimo di eccellenza.
Di cosa non faresti mai a meno nel tuo lavoro?
Della matita
Se potessi decidere cosa ri-progettare in termine di design, cosa sceglieresti?
Domanda interessante… a mio avviso ci sono tante cose brutte, inutili e talmente inutili da risultare brutte, quindi da rivedere. Sicuramente andando nel dettaglio del mio settore credo che le navi da crociera siano dei veri e propri ecomostri galleggianti, ma allo stesso tempo possono essere un bel terreno in cui inserire molte idee e molta ricerca. Un pò come accade per le riqualificazioni urbane.
Vuoi darci la tua personale definizione di creatività?
Da un punto di vista artistico potrei dire l’arte di fare 2+2=5, da un punto di vista filosofico la meraviglia e da un punto di vista concettuale senza dubbio il motore del mondo… Senza creatività non ci sarebbero stimoli e quindi saremmo fermi.
Marino Alfani, dall’amore per il mare il talento del design nautico.
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