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Nuove speranze contro alcune malattie genetiche

La tecnologia si chiama Splicer ed è una tecnica di editing genetico, presentata sull’autorevole rivista Nature Communications. La tecnica Splicer punta alla causa principale di molte malattie, ossia il malfunzionamento di una proteina, attraverso la modifica di quella proteina, giusto le modifiche necessarie a renderla meno tossica per l’organismo. L’obiettivo degli ideatori di Splicer è quello di modificare una proteina, saltando una porzione dell’Rna messaggero corrispondente. L’obiettivo è la produzione di una proteina “privata” della porzione malata contenuta nell’esone saltato. In pratica riuscendo a saltare la parte del gene malato, la proteina risultante potrebbe comunque avere una funzione sufficiente per svolgere le sue funzioni fondamentali. Rispetto alle altre tecnologie biogenetiche già esistenti, Splicer rappresenterebbe un passo in avanti, in grado di agire simultaneamente sull’inizio e sulla fine di ogni esone indesiderato. Al momento gli esperimenti sui modelli animali sono promettenti, ma occorre ancora fare altri passi per dimostrarne l’efficacia e la sicurezza per l’uomo. Si aprono nuove speranze per malattie come l’Alzheimer, il Parkinson, la corea di Huntington o la distrofia muscolare di Duchenne. Lo Splicer ha dimostrato di ridurre la formazione di beta amiloide, la proteina che si ritiene essere alla base dell’Alzheimer. In questo caso, si è saltata la parte di dna che contiene una sequenza che favorisce la formazione della beta amiloide, a partire dal suo precursore, codificato dal gene App, collegato ad alcune forme familiari della malattia. Occorre però sperimentare ancora molto, per verificare gli effetti a lungo termine e la precisione della tecnologia.

 

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