Progetto partecipato carcere civile: la ricerca-intervento partecipata, realizzata al carcere di Sollicciano, intende essere il primo passo di un progetto più ampio, “Lo spazio della pena, la pena dello spazio”, che potrebbe avviare processi di progettazione partecipata per la riqualificazione degli spazi nelle carceri italiane. In questa prospettiva la ricerca-intervento è stata realizzata in un arco di tempo molto limitato (gennaio – febbraio 2015) puntando al coinvolgimento diretto di chi “abita” il carcere in quanto detenuto o lavoratore o volontario.
Il progetto, per quanto fondato sulla partecipazione, non intende perseguire obiettivi di “democrazia carceraria” che sarebbe un evidente ossimoro: non si può infatti prescindere da una considerazione generale che vede il detenuto comunque costretto a subire una forte limitazione della sua libertà. Né si può prescindere da una considerazione particolare sul nostro sistema carcerario che è stato definito dallo stesso Ministro della Giustizia Orlando, nel corso di un convegno a Napoli il 10 giugno, alla presenza dell’ex Presidente Napolitano, ” un sistema criminogeno” che produce la più alta recidiva tra i paesi europei.
Il progetto quindi vuole portare un contributo al processo di revisione generale del sistema della pena nel nostro paese secondo il proposito che è alla base della convocazione de “gli stati generali dei diritti dei detenuti” promosso dal Ministro della Giustizia.
Il contributo del progetto è di ordine metodologico, ovvero parte dalla specificità del singolo carcere e dalle voci di chi lo abita. Parlando di “spazio della pena”. Un carcere come Sollicciano, nato per essere aperto, è in realtà la radicalizzazione del “carcere chiuso”.
“Gli spazi sono chiusi, inesistenti e stretti. Gli spazi in carcere non sono spazi, sono luoghi chiusi in realtà. Il primo spazio è sicuramente lo spazio della cella, molto ridotto. Un altro spazio sono i passaggi. Questi spazi sono più stretti della cella visto che prevede la presenza di tutti i detenuti della sezione interessata. I pochi fortunati che vanno a scuola percorrono i corridoi e vivono più spazi. Nella mia sezione siamo chiusi sempre tranne due ore d’aria al giorno. Non abbiamo nessuna possibilità di movimento. Se uno non ha il carattere forte è difficile andare avanti così.” (dalla voce di un detenuto)
Il progetto ha come capofila IN/ARCH (Istituto Nazionale di Architettura) con la collaborazione e il finanziamento dell’ufficio del Garante per i diritti dei detenuti della Regione Toscana.
Si allega comunicato con preghiera di divulgazione .
IN/ARCH Istituto Nazionale di Architettura
00198 Roma, viale Gorizia 52
tel. +39 06 68802254
www.inarch.it | www.inarchedu.it